La mia storia
Ho messo mano alle forbici e gli occhi quasi mi si chiudevano.
"Resta sveglia, Silvia!", mi sono detta.
Dovevo semplicemente tagliare la frangia della mia cliente Jolanda, poi mi sarei spruzzata dell'acqua fredda sul viso sperando di riuscire a resistere fino alla fine della giornata.
"Ce l'hai quasi fatta, basta che tu resti sveglia!"
Mi ricordo ancora perfettamente quel giorno. Da settimane mi sentivo incredibilmente stanca ed esausta, quasi impotente. E proprio quel venerdì pomeriggio, quando la mia cliente preferita Jolanda aveva un appuntamento nel mio salone di parrucchiera, riuscivo a malapena a tenermi sveglia.
L'aria calda dell'asciugacapelli e il lieve fruscio delle forbici in sottofondo non aiutavano certo a tenermi sveglia. Proprio mentre passavo le forbici sulla frangia per dare il tocco finale, non sono più riuscita a trattenermi: ho sbadigliato sonoramente verso la mia cliente a distanza ravvicinata. Quando ho riaperto gli occhi, mi sono sentita morire e per un istante ero lucida: avevo tagliato un pezzetto di troppo a Jolanda.
Posso dire che non mi era mai successo prima in tutta la mia carriera di parrucchiera. E mi è bastato guardare Jolanda negli occhi per capire che anche lei si era resa conto del mio errore …

Salve, mi chiamo Silvia Brunetti e in questo articolo vorrei raccontarvi come questa esperienza abbia rappresentato letteralmente un taglio netto e mi abbia portato a scoprire il rimedio per l’inspiegabile stanchezza e l’affaticamento.
Questa scoperta mi ha sorpreso così tanto che all'inizio stentavo a crederci. Ma se non fosse cambiato nulla nella mia vita, non sarei qui a scrivere queste righe. È meglio che vi racconti tutto dall'inizio.
Innanzitutto, vorrei porvi una domanda:
È capitato spesso anche a voi di sentirvi stanchi, esausti e privi di energia per lunghi periodi di tempo e per motivi inspiegabili?
Da parte mia, posso rispondere a questa domanda solo con un chiaro "SÌ!". Nel mio caso, queste fasi duravano diverse settimane. Dopo ognuno di questi episodi, c'era una fase di miglioramento. In seguito, però, non mi sentivo mai allo stesso livello di prima della ricaduta. A volte era come se non fossi mai guarita dall'influenza.
Con lo stress derivante dalla gestione di un'attività in proprio e un figlio piccolo, non mi ero mai posta il problema. Mi sembrava logico che fossi stanca. I miei amici mi avevano raccontato di tanto in tanto di stati di stanchezza simili e persistenti. Ma anche dopo lunghi periodi di riposo o in vacanza, notavo che non mi sentivo mai riposata.
A volte stavo così male che mettevo la sveglia del cellulare per 15 minuti durante la pausa pranzo per potermi sdraiare nel retro del negozio. Non potevo farne più a meno.
Così ho iniziato a fare quello che probabilmente avrebbero fatto molti altri: andavo a letto il prima possibile ogni sera e a colazione ingerivo un mix di vitamine che mi fornissero più energia durante la giornata. Almeno in teoria, perché con il fatto che i disturbi si manifestano in modo intermittente, non potevo mai dire con certezza se mi sentivo davvero meglio nell'immediato grazie alle mie nuove abitudini.

E così è andata avanti per qualche mese, finché è arrivato il giorno in cui, per la prima volta in vita mia, mi sono scivolate le forbici. Ma per fortuna la storia non è finita lì.
Il momento in cui ho guardato la mia cliente terrorizzata che mi ha cambiato la vita
Torniamo all’inizio, quando ero così stanca che ho tagliato un po' troppo la frangia della mia cliente abituale. Ancora una volta, mi sentivo completamente esausta da settimane. Dopo il lavoro mi dovevo sdraiare per più di un'ora per la profonda stanchezza prima di poter aiutare mio figlio Giulio a fare i compiti. Riuscite a immaginarvelo?
Ogni volta che uno di questi episodi di stanchezza mi colpiva, mi vergognavo di me stessa. Mi sentivo come se stessi fallendo come mamma single e che Giulio si stesse perdendo qualcosa solo perché non riuscivo a gestire le mie energie.
Così buttavo giù diverse tazze di caffè durante la mattina, a volte anche una bevanda energetica, nella speranza di sentirmi più sveglia. Invece, oltre alla stanchezza, mi sentivo solo inquieta. Ciononostante, non riuscivo ad andare avanti. E anche quel giorno era così.
"Quanto vogliamo togliere qui davanti, Joli?", chiesi. "Non molto in realtà, al massimo mezzo centimetro. Nel complesso, vorrei mantenere la frangia così com'è". "Agli ordini!", scherzai, ma riuscii a sorridere a stento, mentre sbadigliavo a bocca chiusa.
"Resta sveglia, Silvia!", mi ripetevo mentalmente in modo martellante.
"Scusa", borbottai, ma Jolanda mi guardò con evidente preoccupazione. "Stai bene?", chiese. "È tutto il tempo che non mi sembri al massimo. Non ti starai mica ammalando, cara?"
"Cosa te lo fa pensare?", chiesi.
"Guardati allo specchio!"
Feci come mi aveva detto. Un'occhiata allo specchio mi disse che aveva ragione: sotto la luce impietosa della lampada, mi resi conto solo allora delle occhiaie che avevo. Ero un po' scioccata e allo stesso tempo mi vergognavo. Avevo servito le mie clienti in questo modo per tutto il giorno?
Cercai di non darlo a vedere: "È solo un po' di stanchezza...", minimizzai. Ma dentro di me mi vergognavo che mi avesse data addirittura per malata.
Così iniziai a tagliare…e accadde! Involontariamente sbadigliai così forte che mi si contrasse tutto il viso e sentii le dita contorcersi. Quando riaprii gli occhi, Jolanda aveva un enorme spazio vuoto nella frangia. Potevo vedere i suoi occhi seguire la ciocca che cadeva, che era chiaramente più lunga di quanto avevamo concordato.
Mi sentii morire. Come parrucchiera esperta, non mi era mai successo prima. Ero sopraffatta dalla situazione. "Oh Dio, mi dispiace tanto! È solo che... non ho mai... posso rimediare!". Riuscii solo a balbettare.

Disse che erano incidenti che potevano capitare, ma dall'espressione del suo viso capii che Jolanda era tutt'altro che contenta. Cercai di recuperare quello che potevo con un taglio sfrangiato, le feci pagare molto meno e mi scusai ancora una volta.
La giornata era andata. E dopo quella fatica, mi sentivo ancora più stanca ed esausta di quanto non lo fossi già. Cercai di arrivare alla fine della giornata il più velocemente possibile e di concluderla. Mi resi conto che non era più possibile andare avanti così. Decisi, quindi, di andare dalla mia naturopata.
Come ho finalmente capito cosa c'era dietro la costante stanchezza e l’affaticamento
Fortunatamente riuscii ad ottenere un appuntamento nel giro di pochi giorni. Le raccontai la mia situazione, le mie fasi di stanchezza e i miei tentativi falliti di fare qualcosa contro la spossatezza. Naturalmente la naturopata mi fece alcune domande sulle mie condizioni generali e su altri disturbi. Era molto confortante sentire che il mio problema veniva preso sul serio. Non mi sarei mai aspettata quello che poi mi disse!
Mi spiegò che la causa della mia costante stanchezza poteva risiedere nell'intestino. L'intestino, disse, è il centro del nostro benessere. Per me non aveva molto senso. Prima pensavo che l'intestino fosse responsabile solo della digestione.
Per essere più precisi, il cosiddetto microbiota, cioè la comunità di circa cento trilioni di batteri che vivono nell'intestino, è responsabile del nostro benessere in molti ambiti, continuò la dottoressa. Esso può influenzare l'aspetto della nostra pelle, il nostro sistema immunitario e persino il nostro umore o le nostre prestazioni, come nel mio caso. Recepii con entusiasmo tutte queste informazioni, ma il mio appuntamento stava per terminare, ed è per questo che la naturopata mi inviò per e-mail alcuni altri studi e guide a cui avrei dovuto assolutamente dare un'occhiata.
Una volta tornata a casa, l'ultima cosa che mi sentivo abbastanza in forma da fare era affrontare studi difficili di cui probabilmente non avrei capito molto. Ma avevo giurato a me stessa che non avrei più lasciato che le cose andassero a rotoli.

Così iniziai a leggere. La maggior parte degli studi erano semplici riassunti che confermavano ciò che la mia naturopata mi aveva già detto: cioè, l'importanza dei nostri batteri intestinali per vari aspetti della nostra salute.
Scoprii che circa il 70% del sistema immunitario si trova nell'intestino. Proprio come l'80% delle plasmacellule, responsabili della produzione di anticorpi. Questa era una novità per me. La flora intestinale o, meglio, il microbiota, è in stretto contatto con il sistema immunitario e praticamente lo "avverte" quando gli agenti patogeni entrano nel corpo.
Lessi anche di vari "assi" attraverso i quali l'intestino è collegato a diversi organi: l'asse intestino-pelle o l'asse intestino-cervello, per esempio. Si dice che un microbiota equilibrato ci aiuti ad avere una pelle normale o che, in inverno, sia responsabile della prevenzione del cosiddetto winter blues.
A queto punto scorrevo i testi. E anche se tutto sembrava molto interessante, mi rendevo conto che i miei occhi si stavano quasi chiudendo mentre leggevo. Finché non mi imbattei in un termine che mi fece drizzare le antenne: "disbiosi".
Era forse colpa della disbiosi se ero al tappeto da mesi?
Avevo letto in molti testi che una condizione fondamentale affinché l'intestino possa svolgere tutti questi affascinanti compiti è un microbiota equilibrato. Per tutto il tempo mi ero chiesta cosa significasse.
Gli esperti descrivono la disbiosi come lo stato del microbiota intestinale quando il delicato equilibrio tra i diversi ceppi batterici, ognuno dei quali ha le proprie caratteristiche e i propri compiti, è disturbato. In concreto, ciò significa che il numero di alcuni batteri importanti diminuisce, spesso insieme alla varietà, cioè al numero di batteri diversi presenti nell’intestino. Ciò consente ai batteri nocivi di diffondersi senza ostacoli.
La disbiosi può anche essere responsabile del fatto che alcune persone si sentono esauste per motivi apparentemente inspiegabili. Solo nella sezione successiva, quando appresi di più sulle cause della disbiosi, tutto mi fu chiaro.
Cito:
Le classiche cause scatenanti della disbiosi includono fattori come la dieta occidentale, ricca di acidi grassi saturi e zuccheri, ma povera di vitamine e fibre, nonché lo stress, le infezioni e l'uso di alcuni farmaci. Gli antibiotici, in particolare, fanno tabula rasa nell'intestino, poiché non solo uccidono i batteri «nocivi», ma anche quelli «benefici».
Ecco cos'era! Dopo tanto tempo, ero finalmente sulla pista giusta! L'anno precedente ero stata colpita da un'infezione persistente alla vescica. Per eliminarla mi erano stati prescritti degli antibiotici, che ovviamente avevano risolto il mio problema, ma avevano aperto la strada a un problema completamente diverso. Mi ricordai infatti che la stanchezza e l'affaticamento costanti si erano manifestati qualche settimana dopo il trattamento antibiotico. Come proprietaria di un salone, di stress ne avevo comunque più che a sufficienza.
Improvvisamente mi sentii sveglia: ero elettrizzata per aver trovato questo pezzo mancante del puzzle! Incoraggiata dalla mia nuova intuizione, feci altre ricerche per conto mio e mi imbattei in uno studio affascinante.
Il ricercatore belga Marc Frémont aveva confrontato i microbioti di persone provenienti dal Belgio e dalla Norvegia che soffrivano spesso di stanchezza e affaticamento. Aveva scoperto che, sebbene i microbioti di belgi e norvegesi fossero di per sé diversi, risultavano alterati in modo molto simile nelle persone con i sintomi appena descritti in entrambi i Paesi. Alcuni gruppi di batteri erano chiaramente sovrarappresentati, mentre altri gruppi non erano sufficientemente presenti.
"Ecco!" esclamai ad alta voce, senza volere. E solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse tardi. Ero così affascinata da tutto quello che avevo letto fino a notte fonda. Ero quasi euforica per essere finalmente riuscita a mettere le mani su qualcosa. Ma allo stesso tempo ero anche un po' perplessa. Che cosa dovevo fare con queste informazioni? Decisi di fissare un altro appuntamento con la mia naturopata l'indomani per chiederle cosa potessi fare per la disbiosi.
Ciò che l'esperta mi consigliò allora di fare non mi entusiasmò, ma fui troppo veloce nel giudicare
Salto all'appuntamento successivo. Nel frattempo, sentivo che la mia attuale fase di stanchezza si allontanava cautamente, il che mi dava ancora più forza per andare finalmente alla radice del mio problema!
Tuttavia, ciò che la naturopata aveva da dirmi non mi ispirava molto all'inizio: "Sono felice di averla aiutata un po' con queste informazioni, signora Brunetti. Quello che consiglio alle persone che vengono nel mio studio e che si sospetta abbiano una disbiosi, sono i cosiddetti probiotici."
Non potei fare a meno di alzare gli occhi al cielo al sentire le sue parole. Non era passato molto tempo da quando un'amica mi aveva regalato un vasetto viola pieno di capsule, che le erano state vendute su Internet come una cura miracolosa contro praticamente tutto. Successo? Neanche per sogno!
I miei pensieri dovevano trasparire dal mio viso, siccome lei continuò con uno sguardo serio: "So cosa sta pensando, ma non tutti i probiotici sono uguali. Ci sono enormi differenze. Molti preparati che si trovano su internet purtroppo infangano la reputazione di questi probiotici. Deve sapere che ci sono alcune cose da tenere in considerazione per ottenere un buon preparato."
Mi spiegò che una buona preparazione dipende da un dosaggio particolarmente elevato, che si evince dal numero di unità formanti colonie (UFC). Questo perché nell'intestino vivono 100.000 miliardi di batteri. Un dosaggio a una cifra di miliardi è solo una goccia nell'oceano. Dovevo quindi cercare preparati con almeno 10 miliardi di UFC.
Un’altra importante caratteristica qualitativa è la grande varietà, cioè il maggior numero possibile di ceppi batterici diversi. “La gamma arriva fino a oltre 50 ceppi. Ma non è solo una questione di numeri”, aggiunse l’esperta, “è anche importante che i batteri siano abbinati con precisione l’uno all’altro e questo è possibile solo se si conosce la specificità dei ceppi.”

Ciò significa che due batteri strettamente imparentati possono differire in modo sostanziale nelle loro caratteristiche, pur avendo materiale genetico molto simile, proprio come i gemelli. Mi fumava il cervello con tutte quelle informazioni. Quello che non mi aspettavo è che anche la confezione è importante, perché i batteri sono in una sorta di ibernazione nelle loro capsule. Se entrano in contatto con l'umidità dell'aria, ad esempio, come nel caso delle fiale o delle buste aperte, si svegliano presto, non trovano cibo e muoiono prima ancora di essere ingeriti.
Prima non mi rendevo conto che esistevano tutte queste differenze. In quel momento decisi di dare ai probiotici una seconda possibilità. Interessata, chiesi che mi consigliasse un prodotto specifico. La naturopata continuò: "Qualche tempo fa ho avuto una paziente con un problema molto simile. Aveva avuto ottime esperienze con un probiotico chiamato Kijimea K53 Advance. Perché non gli dà un'occhiata, magari fa al caso suo."
Annotai il nome su un blocco per appunti, la ringraziai e lasciai il suo studio. Quando arrivai a casa, iniziai subito a cercare il prodotto su Google. Kijimea... avevo già sentito questo nome. Conoscevo il marchio grazie al prodotto Kijimea Colon Irritabile PRO che avevo visto in televisione.
Su Internet mi imbattei subito nello shop online del produttore. Kijimea K53 Advance era un probiotico che, secondo il produttore, imitava il microbiota naturale nella sua diversità e varietà. Mi fece subito scattare un campanello d'allarme a proposito dei valori a cui dovevo prestare attenzione in termini di dosaggio e varietà.
Come suggeriva il nome, il preparato contiene 53 ceppi batterici armonizzati. E ben 500 miliardi di UFC per confezione, che dovrebbero essere più dei batteri contenuti in 25 kg di yogurt!
Sembrava abbastanza promettente, ma volevo avere qualche altro riscontro. Ero sorpresa: questo Kijimea conteneva circa cinque volte più ceppi batterici e un dosaggio molto più elevato rispetto alla maggior parte degli altri prodotti emersi dalla mia ricerca. Venne fuori anche il flacone che la mia amica mi aveva regalato qualche tempo prima. "Non c'è da stupirsi...", pensai tra me e me quando vidi che conteneva solo tre ceppi di batteri.
Notai anche che la maggior parte dei prodotti era confezionata in flaconi di plastica. Questo significava che l'umidità poteva raggiungere i batteri ogni volta che il flacone veniva aperto. Kijimea K53 Advance era diverso anche in questo senso: ogni capsula era inserita singolarmente in un cosiddetto blister di alluminio, il che significa che una capsula entra in contatto con l'aria solo quando viene effettivamente utilizzata.
Ero ancora titubante perché volevo sapere cosa avevano da dire gli altri su questo prodotto e così diedi un'occhiata alle recensioni dei clienti.
Diverse migliaia di recensioni... ci deve essere una fregatura da qualche parte! Ma anche quando lessi le recensioni negative, vidi che in genere si riferivano solo a problemi di consegna o a scatole di spedizione leggermente ammaccate, ma non al prodotto in sé.
Vittoria A.
"Ottimo prodotto, unico nel suo genere con così tanti ceppi diversi. Anche il confezionamento di ogni singola capsula è ottimale, perché ne garantisce l’isolamento dall’umidità. Lo acquisterò nuovamente."
Francesca F.
"Ho iniziato ad usarlo da poco ma sento già i benefici."
Antonio S.
"Decisamente il miglior prodotto che io abbia mai provato."
In realtà avevo già preso la mia decisione, ma ciò che lessi mi tolse gli ultimi dubbi: nello shop online di Kijimea, i clienti beneficiano di una garanzia di rimborso di 30 giorni. L'azienda sembra essere molto sicura della qualità dei propri prodotti. La spedizione è addirittura gratuita per acquisti superiori a 50 euro!
Poiché per me è molto importante, fui molto felice di leggere che tutti i prodotti Kijimea sono realizzati in Germania senza l'uso di ingegneria genetica e sono cruelty-free.
Aggiunsi una confezione grande di Kijimea K53 Advance al mio carrello e completai l'ordine. Pochi giorni dopo ricevetti il pacco a casa e lo aprii. Presi la prima capsula a colazione, prima di recarmi al salone di bellezza. Ero davvero curiosa di vedere dove mi avrebbe portato quel viaggio.
Aggiornamento dopo sei settimane:
Oggi sono quasi due mesi che assumo Kijimea K53 Advance. La piccola capsula fa ormai parte della mia vita quotidiana. Scrivo proprio oggi perché ho chiuso il cerchio: oggi Jolanda è tornata nel mio salone. Sono stata molto felice di vedere che la sua frangia si era allungata così tanto nel frattempo che non si vedeva più nulla.
E sapete cosa mi ha detto quando siamo riuscite a ridere dell'imbarazzante incidente con un certo distacco? Aveva notato il mio aspetto riposato appena entrata. E non è tutto: mi ha anche fatto i complimenti per quanto fosse bella la mia pelle.
È stato un vero toccasana. Non posso dirvi quanto mi sento bene oggi! Se anche voi vi sentite come mi sentivo io, spero che le mie esperienze vi aiutino a vivere una trasformazione simile. Sono felice che la mia vita sia finalmente cambiata e che il mio problema sia ormai solo un aneddoto divertente.

Cari saluti
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