Milioni di persone hanno nell’intestino un numero eccessivo di batteri intestinali nocivi, ad esempio batteri putrefattivi come Proteus o Klebsiella. Le conseguenze sono molteplici: alcuni soggetti si sentono sempre stanchi o affaticati, altri lottano senza successo contro l’aumento di peso e molti altri si ritrovano con un sistema immunitario notevolmente indebolito.
Quest’ultima condizione può favorire l’insorgenza di molte malattie (come ad esempio il COVID-19). Attualmente, però, esiste una speranza per queste persone. Si tratta di un approccio che potrebbe dimostrare come sia possibile “ripulire” l’intestino, promuovendo il numero e la diversità dei batteri intestinali “buoni” ed eliminando i batteri nocivi in modo da migliorare significativamente la qualità della vita.
Correva l’anno 2001 e il professor Joshua Lederberg, che quasi 50 anni prima aveva ricevuto il premio Nobel per il suo lavoro pionieristico, coniò il termine “microbiota”. Con questo termine egli intendeva l’enorme comunità di batteri presenti nel nostro intestino. Fino ad allora, questi batteri non erano mai stati considerati come fonte di salute o causa di disturbi, cosa che Lederberg, invece, era determinato a cambiare. Ma lui stesso probabilmente non aveva idea degli effetti su larga scala che la sua intuizione avrebbe avuto sulla salute di milioni di persone.
Le basi su cui si è riusciti a fare sempre più chiarezza negli ultimi 20 anni
In precedenza si è cercato di chiarire l’importanza dei batteri intestinali nei vari aspetti della vita. Tuttavia, a partire dagli anni 2000 l’interesse aumentò rapidamente, anche perché la diminuzione dei costi del sequenziamento dell’intero genoma (scomposizione del materiale genetico) permise di identificare gli organismi dai campioni senza doverli coltivare, rendendo così possibile adottare un approccio olistico.
Successivamente emersero grandi progetti sul microbiota, che si occuparono di studiare i batteri che colonizzano il nostro intestino, come lo “Human Microbiome Project” (dal 2007) o l’“American Gut Project” (dal 2012). Al giorno d’oggi, ogni anno vengono pubblicati più di 20.000 articoli scientifici sull’argomento.

Le scoperte sono davvero rivoluzionarie: i batteri del nostro intestino non influenzano solo l’intestino stesso, ma tutto il nostro organismo! Sono state individuate delle connessioni con altri organi, con il cervello e persino con le malattie mentali o con l’invecchiamento.
Il mondo scientifico era in fermento. Ci si chiedeva se non fosse allora possibile puntare anche sul microbiota intestale per cercare un trattamento per molti disturbi. Ovvero, se non si potesse cercare un microbiota in cui, ad esempio, i batteri nocivi avessero preso il sopravvento, “ripulirlo”, quindi riportarlo in salute, e così facendo sottoporlo a trattamento. E, qualora ciò fosse possibile, ci si chiedeva per quali disturbi si sarebbero potute fornire evidenze scientifiche del beneficio di tale pulizia intestinale. Negli anni successivi vennero effettuate scoperte rivoluzionarie.
Come la pulizia intestinale può migliorare drasticamente le difese immunitarie
Solo pochi anni dopo che il Prof. Lederberg identificò il microbiota, un gruppo guidato dal Prof. Giuseppe Vighi e dal Prof. Francesco Marcucci dell’Università di Perugia fece una scoperta quasi incredibile che rivoluzionò il punto di vista circa le difese immunitarie dell’organismo. Circa il 70% dell’intero sistema immunitario umano e l’80% delle plasmacellule responsabili della produzione di anticorpi si trovano nell’intestino. La domanda che si posero era ovvia: se gran parte del sistema immunitario si trova nell’intestino, qual è dunque il ruolo del microbiota?
La risposta arrivò successivamente. Hsin-Jung ed Eric Wu dell’Università dell’Arizona dimostrò l’esistenza di una stretta interazione tra il microbiota intestinale e il sistema immunitario. Per farlo, condusse osservò il sistema immunitario di particolari topi, i cosiddetti topi "germ-free" (GF). Si tratta di topi speciali che non presentano un microbiota. Venne così scoperto che il controllo del sistema immunitario di questi topi era significativamente peggiorato rispetto ai loro simili dotati di microbiota.
Inoltre, i topi privi di microbiota presentavano anche un numero inferiore di specifiche cellule immunitarie killer in grado di attaccare gli agenti patogeni. In altre parole, sia il controllo delle difese immunitarie che le sue “armi” erano notevolmente indeboliti in assenza di microbiota.

Il fatto che un numero insufficiente di batteri buoni nell’intestino possa rappresentare un vero e proprio problema per il sistema immunitario è supportato anche dai più recenti risultati delle ricerche sul tema Covid-19, ad esempio quelle del Prof. Ikram Hussain e del Prof. Gabriel Liu Chan Cher di Singapore e dei Prof. Ritupama De e Shanta Dutta di Kolkata (India). Secondo i loro dati, chi presenta un numero insufficiente di batteri “buoni” nell’intestino risulta essere significativamente più suscettibile a gravi episodi di Covid-19.
Ma allora come si potrebbe utilizzare la conoscenza del fatto che il microbiota intestinale sano è fondamentale per le difese immunitarie per rafforzare il microbiota delle persone con un sistema immunitario indebolito attraverso la pulizia intestinale e quindi aiutarle a migliorare le proprie difese immunitarie?
L’idea vincente la ebbe un team guidato da Sangman Kim e Jennifer DeFazio dell’Università di Chicago. Per verificare se l’apporto mirato di un microbiota sano possa servire alla capacità di difesa da agenti patogeni dannosi, il gruppo condusse un esperimento sui topi. Nell’esperimento suddivisero i topi in due gruppi. Dopo aver deliberatamente indebolito il loro sistema immunitario, esposero entrambi i gruppi di topi ad alcuni agenti patogeni che spesso causano avvelenamento mortale del sangue negli esseri umani.
Diedero quindi il microbiota di un topo sano a un gruppo di topi, pulendo così il loro intestino, mentre non fecero nulla con l’altro gruppo di topi. Il risultato fu sensazionale, poiché nel gruppo di topi che aveva ricevuto il microbiota di un topo sano, circa il 90% dei topi era sopravvissuto, mentre nell’altro gruppo solo circa il 20% sopravvisse all’infezione.
Con questa notevole evidenza, hanno dimostrato che la pulizia dell’intestino attraverso l’apporto mirato di un microbiota sano può respingere i batteri nocivi e rafforzare il sistema immunitario in modo significativo.
Come la pulizia intestinale può aiutare a perdere il peso in eccesso
Quasi contemporaneamente Peter J. Turnbaugh, professione all’Università della California, perseguiva un obiettivo diverso. Voleva scoprire se anche il microbiota avesse a che fare con lo sviluppo dell’obesità. Infatti, la domanda sul perché alcune persone possano mangiare tutto quello che vogliono pur rimanendo magre, mentre altre ingrassano solo al pensiero di una fetta di torta, ha affascinato i ricercatori per molto tempo.
Turnbaugh, all’epoca dottorando nel dipartimento del Prof. Jeffrey I. Gordon, noto come “padre del microbiota”, esaminò per la prima volta il microbiota intestinale di coppie di gemelli umani. La particolarità delle coppie di partecipanti allo studio era che uno dei gemelli era magro, l’altro in sovrappeso.
Apparve così che i partecipanti allo studio in sovrappeso (non imparentati) presentavano delle somiglianze che li distinguevano persino dai loro gemelli magri. I partecipanti in sovrappeso, infatti, presentavano una diversità e una composizione dei batteri intestinali significativamente ridotta. Il risultato emerso fu che il microbiota, in particolare una ridotta diversità di batteri intestinali, e l’obesità sono collegati! Ma come utilizzare questa scoperta per aiutare le persone in sovrappeso?
A questa domanda Turnbaugh rispose in un secondo momento. Per stabilire se le alterazioni del microbiota potessero effettivamente comportare una variazione del peso, avviò un esperimento con i topi. Nel suo laboratorio suddivise gli animali in due gruppi. A un gruppo fu impiantato il microbiota intestinale, ovvero l’insieme di batteri intestinali, di topi magri, all’altro gruppo quello di topi in sovrappeso.
Turnbaugh si assicurò poi che entrambi i gruppi ricevessero esattamente gli stessi alimenti, per escludere che qualsiasi variazione di peso potesse avere a che fare con la dieta. Il risultato sorprendente che emerse fu che il gruppo di topi che aveva ricevuto il microbiota di topi in sovrappeso ingrassò in maniera significativamente maggiore rispetto al gruppo che aveva ricevuto il microbiota di topi magri.
Jeremiah J. Faith della Washington University di St. Louis, dove aveva lavorato anche Turnbaugh, unì i due esperimenti sopra citati. Prese spunto dallo studio sui gemelli umani e, come Turnbaugh, cercò coppie di gemelli in cui uno era magro e l’altro in sovrappeso. Prese il loro microbiota e lo impiantò nei topi. Un gruppo di topi ricevette il microbiota dei gemelli magri, l’altro quello dei gemelli in sovrappeso. Il risultato fu che il gruppo di topi che aveva ricevuto il microbiota dei gemelli umani in sovrappeso prese molto più peso rispetto al gruppo che aveva ricevuto il microbiota dei gemelli magri.
In questo modo si è potuto dimostrare che un microbiota sano può essere fondamentale per milioni di persone per mantenere un fisico snello e avere un futuro migliore. La pulizia intestinale a cui si dà vita con un microbiota sano potrebbe essere la chiave per un futuro migliore.
Perché la pulizia intestinale potrebbe dare nuove speranze alle persone che spesso soffrono di stanchezza e spossatezza
Un altro gruppo che si occupò del microbiota aveva in mente un obiettivo diverso. Volevano scoprire se un approccio al microbiota potesse migliorare la vita di milioni di persone che soffrono di stanchezza e affaticamento frequenti.
Pioniere fu un gruppo guidato dal belga Marc Frémont. Gli scienziati condussero uno studio in Belgio e Norvegia in cui utilizzarono la tecnologia di sequenziamento del gene 16s rRNA per confrontare la composizione del microbiota di persone che soffrivano di affaticamento o stanchezza frequenti con quello di persone sane. La loro sorprendente scoperta fu che il microbiota dei belgi e dei norvegesi era di per sé diverso.
Tuttavia, le persone che soffrono di stanchezza e affaticamento frequenti presentavano un microbiota alterato in modo molto simile per entrambi i Paesi. Alcuni gruppi di batteri, come Lactonifactor e Alistipes, erano chiaramente sovra rappresentati, mentre altri gruppi di batteri buoni non erano presenti in numero sufficiente.
Successivamente altri confermarono che il microbiota delle persone che soffrono più frequentemente di stanchezza e affaticamento è chiaramente alterato. Ma il trasferimento di un microbiota sano potrebbe essere utile anche in questo caso?
Ci provarono per la prima volta Thomas Borody, direttore del Centro per le malattie dell’apparato digerente del Nuovo Galles del Sud (Australia), e il suo team. Il gruppo prese in considerazione un gruppo di 60 persone che soffrivano di affaticamento frequente che sono stati alimentati con il microbiota di persone sane. I risultati furono sorprendenti: il 70% ha percepito un miglioramento significativo, che in gran parte è stato anche duraturo!
Il team guidato da Shelly Coe e Hooshang Izadi dell’Oxford Brookes University, in Inghilterra, basandosi su questo fatto suddivise i soggetti del test, che soffrivano di frequente di stanchezza e spossatezza, in due gruppi. Un gruppo ricevette un trattamento convenzionale, che comprendeva, ad esempio, una consulenza nutrizionale e l’assunzione di singoli micronutrienti. All’altro gruppo venne somministrato il microbiota di persone sane. Il risultato fu che il gruppo il cui intestino era stato riabilitato ricevendo il microbiota di persone sane ha mostrato un miglioramento significativamente maggiore rispetto al gruppo di confronto.
Anche in questo caso, quindi, è stato dimostrato che la pulizia intestinale, cioè l’eliminazione dei batteri dannosi o dei rifiuti digestivi da parte di batteri buoni, potrebbe essere la soluzione per milioni di persone che si sentono più spesso stanche e/o affaticate.
Come si stanno aprendo nuovi orizzonti e sfruttando millenni di conoscenze
Per poter effettuare la pulizia intestinale nei pazienti dei loro studi, è stato fatto ricorso a un metodo antichissimo, ovvero il trapianto fecale, con l’obiettivo di fornire il microbiota intestinale di un’altra persona. Alla base vi è l’idea che le persone con tendenza a manifestare i sintomi sopra citati presentano una riduzione del numero e della diversità dei batteri “buoni” nell’intestino. Per alleviare i sintomi, e quindi depurare l’intestino, è necessario fornire alla persona un microbiota che abbia un numero sufficiente di batteri “buoni”.
Con questa idea in mente, gli scienziati hanno sfruttato conoscenze millenarie. Già nel IV secolo, infatti, medici come il famoso medico cinese Ge Hong ricorrevano alla somministrazione di un microbiota sano per vari disturbi del tratto gastrointestinale. Tuttavia, la somministrazione era alquanto disgustosa.

Ge Hong curava le persone somministrando loro feci umane per via orale! Più tardi, nel XVI secolo, questa forma di somministrazione verrà presentata con termini più fioriti come “zuppa gialla” o “sciroppo d’oro”, ma si può comunque immaginare il notevole disgusto che si provava al momento dell’ingestione. In ogni caso, questa pratica si può certamente considerare come un predecessore del trapianto fecale.
Oggi il trapianto fecale, chiamato anche infusione di probiotici umani (IPF), viene eseguito in modo diverso. La procedura consiste nel filtrare le feci del donatore per rimuovere i residui digestivi, per poi trasferire al ricevente gli organismi intestinali vivi. Tuttavia, anche questa procedura non è piacevole, sebbene non risulti spiacevole come un tempo. La somministrazione attualmente avviene attraverso un tubo nello stomaco o nell’intestino tenue, una colonscopia o attraverso speciali capsule (fino a 30 in un giorno), anch’esse non necessariamente piacevoli.
Gli svantaggi del trapianto fecale - Ci sono alternative?
Purtroppo, la pulizia intestinale mediante trapianto fecale non è priva di rischi ed è anche costosa a causa del processo descritto sopra. Pertanto, è raramente la terapia di prima scelta, nonostante i benefici. La FDA statunitense, ad esempio, mette in guardia dalla possibile trasmissione di agenti patogeni, malattie e germi multi resistenti dal donatore al ricevente. Per ridurre questo rischio, la ricerca di un donatore idoneo è complessa a causa di molti esami preliminari e non è mai possibile escludere completamente il rischio di danni.
Inoltre, il processo risulta sgradevole in qualsiasi forma di somministrazione, sia nell’ambito di una colonscopia (endoscopia intestinale), in cui viene inserito un endoscopio nell’intestino, sia sotto forma di capsule (se ne devono ingerire fino a 30 in un giorno assieme ai componenti delle feci).

Pertanto, il trapianto fecale non è un’opzione terapeutica diffusa e viene utilizzato solo per malattie molto specifiche come la cosiddetta “terapia individuale”.
Ciò richiamò l’attenzione di un team di Monaco di Baviera che si chiesero se fosse possibile procedere con la pulizia intestinale creando una sorta di trapianto fecale “replicato”, che fornisce solo i batteri intestinali, senza gli svantaggi e i rischi specifici, che rendono invece il trapianto fecale convenzionale, ampiamente utilizzato, inadatto a molte persone. In altre parole, se fosse possibile procedere con la pulizia intestinale senza tutti i rischi elencati sopra.
L’idea, ovvero la pulizia intestinale mediante il trapianto fecale senza svantaggi. Un “microbiota intestinale replicato”
Quest’idea non ha dato un attimo di tregua. L’obiettivo era effettuare la pulizia intestinale creando una copia naturale del microbiota intestinale umano, attraverso la quale poter fornire un “microbiota replicato” per mezzo di poche capsule.
In questo modo si annullano i rischi associati a un trapianto fecale e, non da ultimo, lo si ottiene a un prezzo accessibile. Erano convinti che fosse possibile. Tuttavia, conducendo varie ricerche sulla scoprirono che i probiotici raramente avevano avuto successo in questo senso. Ma invece di scoraggiarsi, analizzarono ogni dettaglio e formularono tre ipotesi innovative per il successo di un trapianto fecale naturale:

Bisogna considerare l’elevata varietà dei batteri
Per avvicinarsi all’obiettivo di un “trapianto fecale naturale” è necessario sviluppare un preparato che si avvicini al microbiota umano naturale nella diversità dei suoi batteri rispetto ai prodotti precedenti. L’intestino umano sano è colonizzato da oltre 100 generi di batteri. Pertanto, il preparato deve contenere un’elevata diversità di ceppi, ad esempio almeno 50 ceppi diversi. Si è trattato di una rivoluzione sul mercato, siccome i prodotti disponibili fino ad allora (preparati con batteri vivi) contenevano di solito meno di 20 ceppi, spesso addirittura solo uno!
Il dosaggio straordinariamente alto
Una situazione simile si è presentata al team di ricerca di Monaco nel momento in cui i è stato esaminato il dosaggio dei probiotici disponibili all’epoca sul mercato. La maggior parte dei preparati utilizzati negli studi aveva un dosaggio di circa 108 – 1010 CFU (unità formanti colonie). Ciò significa che il numero di germi in grado di riprodursi è compreso tra cento milioni e dieci miliardi.
Quello che pochi sanno è che rispetto al numero di batteri presenti nell’intestino umano naturale, si tratta di un numero estremamente ridotto! Oggi si ritiene che nel nostro intestino vivano 10-100 trilioni (!) di batteri, ovvero più batteri delle cellule che compongono l’organismo umano. Pertanto, hanno presunto che sarebbe stato necessario un dosaggio molto più elevato per creare un vero e proprio "trapianto di feci replicato".
La scelta minuziosa dei batteri è fondamentale
Come dimostrato dai ricercatori nei vari studi, non tutti i batteri sono uguali. Infatti, anche batteri strettamente imparentati possono avere caratteristiche fondamentalmente diverse. Applicato agli esseri umani, il concetto può essere spiegato con l’esempio di due fratelli che possono avere comportamenti sostanzialmente differenti.
Ciò significa che, quando si selezionano i ceppi batterici, occorre prestare molta attenzione a quali ceppi batterici specifici si aggiungono a un prodotto. Ad esempio, non è sufficiente scegliere alcuni lattobacilli o bifidobatteri, ma è necessario considerare il ceppo specifico (ad esempio B. bifidum AL77).
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La rivoluzione, ovvero come un microbiota intestinale replicato potrebbe ripulire l’intestino e quindi alleviare una serie di disturbi

Sulla base di questi risultati il team della SYNformulas ha analizzato in dettaglio un’ampia gamma di opzioni e sviluppato il nuovo prodotto all’avanguardia K53 Advance, basato sul concetto di pulizia intestinale. Le analisi complete e le nuove scoperte suggeriscono che avrebbe un potenziale rivoluzionario per tutti i disturbi causati da una sovrabbondanza di batteri nocivi (ad esempio batteri nocivi) nell’intestino.
Infatti, il netto beneficio della pulizia intestinale mediante trapianto fecale esiste per tutte queste condizioni. Ad esempio, nel caso di un sistema immunitario indebolito, di obesità o anche di stanchezza e affaticamento frequenti. E ancora meglio, il prodotto conferma esattamente le ipotesi precedentemente individuate per un aiuto efficace contro i sintomi:
Un’elevata varietà
K53 Advance contiene, come si evince anche dal nome, 53 diversi ceppi di batteri, e quindi una varietà di batteri molto maggiore rispetto a tutti gli altri preparati noti ai ricercatori presenti sul mercato. In questo modo era finalmente disponibile un prodotto in grado di rappresentare anche la diversità del microbiota umano.
Il dosaggio è estremamente elevato
Il dosaggio è eccezionalmente elevato. Una confezione di K53 Advance contiene quasi 600 miliardi di batteri. È stato calcolato che quel dosaggio equivale a 30 confezioni di preparati convenzionali. Oppure, facendo riferimento allo yogurt disponibile in commercio, il dosaggio equivale alla quantità di batteri contenuti in non meno di 25 kg di yogurt.
Ceppi batterici accuratamente selezionati
Infine, il team ha trascorso innumerevoli ore a selezionare e comporre con cura il prodotto. Il risultato finale è stato un preparato con 53 ceppi selezionati a mano abbinati in modo ottimale.
Come assumere il prodotto K53 Advance?
K53 Advance è pensato per l’assunzione quotidiana. Grazie a questa regolare somministrazione ad alte dosi di una grande varietà di ceppi batterici diversi, si voleva replicare l’effetto degli studi sui topi, con solo una capsula al giorno! Sono tantissime le persone che potrebbero giovare dal concetto di “trapianto fecale naturale” e con una posologia molto semplice.
Ordina subito K53 Advance
Il successo straordinario di Kijimea K53 Advance ha fatto riscontrare al produttore SYNformulas problemi nella disponibilità del prodotto che è rimasto per un po' esaurito. Tuttavia, Kijimea K53 Advance è recentemente tornato disponibile presso il produttore. Kijimea K53 Advance può essere acquistato anche nelle farmacie locali o online e su Amazon attraverso le farmacie.
Perché la maggior parte delle persone ricorre alla confezione più grande di K53 Advance?
K53 Advance è disponibile in confezioni da 28, 56 e 84 capsule. Molti clienti decidono fin dalla prima volta di acquistare confezione grande con 84 capsule, per avere il prodotto a portata di mano anche in caso di ritardi nelle consegne dovuti all’elevata domanda. In questo modo si garantisce che si possa proseguire con l’assunzione come previsto oltre il primo mese.
Questo successo si riflette anche nelle recensioni positive dei clienti soddisfatti:
Vittoria A.
"Ottimo prodotto, unico nel suo genere con così tanti ceppi diversi. Anche il confezionamento di ogni singola capsula è ottimale, perché ne garantisce l’isolamento dall’umidità. Lo acquisterò nuovamente."
Francesca F.
"Ho iniziato ad usarlo da poco ma sento già i benefici."
Antonio S.
"Decisamente il miglior prodotto che io abbia mai provato."

Sandro De Rosso è nato a Milano nel 1965 e ha scoperto la sua passione per la scrittura fin da giovane, collaborando a diversi giornali studenteschi. Dopo la carriera accademica, ha partecipato a numerosi seminari e conferenze sul tema della salute, che gli hanno permesso di combinare la sua abilità giornalistica con la sua passione per la medicina. De Rosso ha scritto per diverse riviste mediche e di salute.
Nel 2005, Sandro De Rosso è entrato a far parte della redazione di Consulente della Salute. Grazie alla sua profonda conoscenza del settore sanitario e al suo talento per una comunicazione scientifica precisa e comprensibile, ha fatto rapidamente carriera. Nel 2015 ha assunto la carica di caporedattore.
Sotto la guida di De Rosso, Consulente della Salute pubblica un'ampia gamma di articoli e rapporti rivolti sia ai professionisti del settore medico sia ai profani interessati. Il suo obiettivo è presentare argomenti medici complessi in modo comprensibile e allo stesso tempo condividere le ultime ricerche. Sandro De Rosso è noto per la sua meticolosa ricerca e il suo impegno per un giornalismo di alta qualità.
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